L'allegoria del dodo

Quando ho letto per la prima volta la storia del dodo, devo confessare che mi ha resa triste. Dodo fu un uccello grande che visse sull’isola delle Mauritius, nell’oceano Indiano.

Nel 17ο secolo la sua specie si estinse perchè arrivarono gli esploratori insieme a nuove razze di animali. Cominiciarono a cacciarlo ma il dodo non poteva volare; purtroppo aveva un problema di costituzione, la natura lo aveva dotato di ali corte, non adatte al volo.

In inglese la frase «to go the way of the dodo» («seguire la strada del dodo») significa che una specie vivente si è estinta, e più in generale che qualcosa o un'abitudine sia sparita. Un’altra frase inglese «dead as a dodo» vuol dire che qualcuno è morto senza dubbio (il pleonasmo stà li' per dare enfasi).

Permettetemi per favore di paragonare il dodo a certe persone – a tre categorie di persone. Non per caso il dodo durante gli ultimi secoli è stato il pretesto di molte ipotesi e allegorie.

Vorrei compararlo prima con coloro che vengono al mondo avendo pochi doni intellettuali, deboli difronte al progresso, incapaci di credere in se stessi, incapaci di aprire le loro ali e di volare. Non parlo di gente che ha infermità corporali perchè questi si dimostrano spesso molto potenti e ammirabili. Ogni tanto leggiamo dei loro successi o conosciamo da vicino atleti o artisti impressionanti.

Parlo degli altri che sono deboli di anima e che ripetono sempre gli stessi errori, non potendo rompere il circolo vizioso in cui sono intrappolati sentono il peso della loro esistenza che li tira sempre più giù, verso azioni faticose o noiose o distruttive. Di quelli che hanno passioni capaci di regalare brevi felicità e lunghe sofferenze. Di quelli che non possono vedere la bellezza intorno o trovare una nuova via verso la felicità e l’elevazione dello spirito. Di quelli che non possono credere ne in loro stessi ne in Iddio.
Poi, il dodo assomiglia a coloro che sono spensieratamente felici nel loro piccolo angolo credendo che nessuno mai li disturberà, che nessuno mai armato di fucile verrà ad invaderli o ad ammazzarli. Come se tutto andasse sempre bene, pretendiamo di non vedere, di non sentire e certo non prevediamo. Siamo buontemponi, felici e beati come i Lotofagi. Viviamo solo giorno per giorno. Il risultato potrà essere bello oppure no. Potremmo essere occupati o sterminati oppure nò.

La terza categoria che sto paragonando il dodo è costituita da coloro che vengono detti semplicioni o vittime. Che si sacrificano per la loro famiglia, per i loro amici, a volte per il loro paese e per la società. A coloro che non sono egoisti, che non sono interessati solo dalla loro carriera, fama, beni materiali, denaro. A loro che non vivono sulle spalle degli altri.
Ma, mi domanderete, perche il dodo assomiglia a loro? Ricordate, il dodo aveva un difetto, non poteva volare. Gli uomini che descrivo apparentemente amano essere vittime.
Si e no'. La loro nobile intenzione iniziale puo' finire in un sacrificio estremo se gli altri si accorgono del loro punto debole. Direi che assomigliano al dodo perchè sebbene vogliano volare, hanno un freno interiore che li impedisce. Qualcosa li fa mettere in secondo piano per assoggettarsi sempre ai bisogni degli altri. Sicuramente, avete anche voi incrociato un tale dodo sul vostro cammino. Uomini o donne-dodo che non hanno fatto in tempo a dichiarare prima che in una relazione cercavano la felicità, non hanno fatto in tempo a prendere il sopravvento sugli altri , perchè gli altri hanno capito fin dall’inizio che potevano metterli a loro servizio.

Ricapitolando, vediamo che il dodo aveva tre caratteristiche:
prima- mancanza di ali e dunque inabilità a volare
seconda- mancanza di conoscenze dei pericoli e delle minaccie
terza- mancanza di capacità difensive, non aveva dentro di se elementi guerrieri e aggressivi siccome era erbivoro, non aveva modo di difendersi da solo.

Se anche voi appartenete ad una di queste categorie che tra di loro hanno cose in commune, forse è venuta l’ora di rendersene conto. Non dite che non potete avere ali e che siete venuti in questo mondo con un difetto di costituzione. C’e sempre tempo per dare un’occhiata alla via che abbiamo deciso di seguire e forse per cambiarla.
Per non “seguire la strada del dodo”.

Vorrei ringraziare Cinzia Simoni per la revisione del testo.